5 motivi per cui devi internazionalizzare il tuo business

L’ internazionalizzazione è diventatata un processo fondamentale per la competitività e la stessa sopravvivenza di un’azienda, a prescindere dal suo settore o dalla sua dimensione. Oggigiorno, particolarmente in riferimento alle PMI, che operano e opereranno sempre di più in un mercato globale, si apriaranno nuovi scenari che oltre a nuove opportunità di business porteranno nuove conoscenze tecniche e competenze indiviuali.

L’internazionalizzazione è un modo efficace per un’azienda nell’affrontare le sfide della globalizzazione, enfatizzando le peculiarità ed i vantaggi di mercato della propria organizzazione.

Perchè dovrei internazionalizzare il mio business?

Qui di seguito una serie di ragioni per le quali l’internazionalizzazione risulta una scelta impreditoriale giusta:

  • PIU’ SICUREZZA – L’ Internazionalizzazione ti garantisce una vera indipendenza rispetto ad un mercato domestico unico

Il tuo business risulterà meno vulnerabile a fluttuazioni periodiche o a regressioni economiche di un unico mercato. Durante crisi economiche, molte aziende grazie alla loro capacità di penetrare in mercati stranieri riescono a incrementare la loro capacità produttiva, occupazionale e finanziaria.

  • PIU’ PROFITTO – L’ Internazionalizzazione ti permette di incrementare i volumi di vendita della tua impresa

Il tuo business aumenterà vendite e profitto. Ampliando la tua attività in altre aree geografiche avrai la possibilità di incrementeare il tuo fatturato. Oggigiorno i clienti possono essere vicini come lontani, quindi se sarai in grado di guardare oltre i tuoi confini potrai sviluppare un network più ampio capace di andare oltre il tuo mercato domestico. In certi casi, la vendita in nuovi mercati potrebbe essere effettuata anche a prezzi maggiorati rispetto al tuo mercato domestico dandoti così margini più ampi. Molti prodotti importati, infatti, vengono considerati premium appunto per la loro produzione e provenienza dall’estero.

·        PIU’ COMPETENZA – L’ Internazionalizzazione ti permette di migliorare la capacità produttiva e l’apprendimento manageriale

L’ampliamento delle propie attività e della base di clienti a livello internazionale può aiutarti a creare nuovi prodotti o servizi, apprendendo nuove strategie da altri mercati ed aziende concorrenti, abituandoti a lavorare con clienti molto esigenti e diversi. Un’azienda può beneficiare tanto della partecipazione ad un mercato diversificato e competitivo anche nella fase di strategia, progettazione e marketing del proprio prodotto traendo vantaggio dall’interazione costante con le esigenze varie di altri mercati.

  • PIU’ BRAND – L’ Internazionalizzazione aiuta la cosiddetta “brand-reputation”

Ampliare le attività all’estero e lavorare con vari partner e nuovi clienti può aiutarti a migliorare la reputazione del tuo marchio o del tuo brand. La reputazione del marchio rappresenta tutte quelle idee ed emozioni che un cliente associa al marchio e al servizio sperimentato durante l’acquisizione di beni o servizi, mentre li utilizza, o mentre usufruisce di servizi di garanzia o manutenzione, forniti dalla società che detiene quel marchio stesso. Pertanto, una buona reputazione del tuo marchio indica che i clienti si fidano della tua società e hanno maggiori probabilità di acquistare i tuoi prodotti.

  • PIU’ COMPETITIVITA’ – L’ Internazionalizzazione riduce i costi grazie al miglioramento dell'efficienza produttiva

In molti settori, l’internazionalizzazione può aiutare le aziende a raggiungere una maggiore economia di scala, in particolare per le aziende più piccole. In altri casi, un’azienda può cercare di sfruttare al meglio un proprio vantaggio di mercato che la contraddistingue, come per esempio il suo specifico modello di servizio, il suo marchio o un prodotto brevettato.

Sfide

Nonostante la condivisa consapevolezza dell’importanza dell'internazionalizzazione, ci sono ancora molte barriere, interne ed esterne, che ostacolano l’internazionalizzazione di molte aziende, in particolare delle PMI. Tra le varie problematiche che una società deve affrontare per ottenere un processo di sviluppo internazionale di successo possiamo menzionare: La strategia aziendale da implementare; Il potenziale partner commerciale da scegliere; Le attività specifiche da sviluppare (importazione / esportazione / produzione / ecc.); Il paese o la regione in cui concentrarsi; La conoscenza del territorio e della cultura del paese-target; Le conoscenze e le competenze dei dipendenti; La consapevolezza interculturale delle persone che interagiscono con aziende straniere.

Conosci l’impatto che le culture hanno sul business? Scoprilo subito

Perchè il concetto di cultura è importante nel comprendere strategie di management e sviluppo commerciale?

Ognuno di noi quando viaggia vive costantemente situazioni che potremmo definire come strane, anomale o addirittura bizzarre. Questo ci mostra come la cultura possa impattare nella nostra vita quotidiana come nel nostro business. Infatti, ogni cultura ha i propri valori, abitudini, attidudini e credo. Tendiamo generalmente a semplificare e legare una singola cultura ad una nazione, ma dovremmo sempre fare attenzione a non generalizzare perchè anche all’interno di ogni nazione esistono varie origini territoriali con distente radici storiche e situazioni socio-economiche (Germania dell’Est e dell’Ovest, Italia del Sud e del Nord, ecc.), differenti etnie, religioni, minoranze, lingue, ecc.

Il concetto di cultura è rilevante per un buon Management e per lo sviluppo commerciale perchè abbraccia tutti gli aspetti del nostro essere influenzando le nostre percezioni, le nostre scelte e il nostro appriaccio decisionale. In particolare, ci sono varie aree del business – e corrispondentemente anche i risultati attesi di esse – che sono ampiamente influenzate dal fattore cultura:

- Marketing

- Management di team internazionali

- Negoziazioni

- Leadership

- Lingua e capacità comunicative

- Fiducia ed instaurazione di lunghe relazioni commerciali.

Analizzando questi due video, er esempio, (https://www.youtube.com/watch?v=smusX8AirYY & https://www.youtube.com/watch?v=PIojNGI9KGE) possiamo facilmante notare come due compagnie – entrambi del settore pasticceria e panificazione – concentrano le loro pubblicità televisive su valori culturali completamente differenti. L’azienda finlandese, Oululainen (https://www.oululainen.fi/), che ha sviluppato il primo video sopra citato, si concentra sul concetto di tenacia ed indipendenza, valori cardine che ogni famiglia cerca di insegnare ai propri figli. Questi valori sono ben espressi nell’ultimo slogan della stessa pubblicità - “Kova kuin elämä” - duro come la vita. Il secondo video, creato dall’azienda italiana Mulico Bianco, invece, si concentra sui valori di famiglia e comunità. Il secondo video, infatti, si conclude con la frase “Flauti, fatti per stare insieme”. Questo video pubblicitari ci dimostrano come il fattore cultura sia rilevante nelle scelte cominicative e di marketing.

Cos’è la cultura?

La cultura è un concetto complesse che definisce l’evoluzione delle persone in termini individuali e collettive, intellettuali e sociali, materiali e spirituali. Il concetto di cultura ha avuto un rilevante progresso storico concettuale a partire dal XVIII secolo, grazie soprattutto al lavoro di alcuni studiosi quali J.G. Von Herder, E.B. Tylor e successivamente F. Boas.

Secondo Richard D. Lewis, uno dei maggiori studiosi del concetto di cultura nella sfera aziendale e del business, la cultura di ogni inividuo è comosta da vari livelli, complementari ed integrati l’uno all’altro. Il Modello di Lewis definisce come caratteristica più rilevante di ogni cultura il livello nazionale, mentre il livello personale come quello meno rilevante (vedi figura sotto)

Caratteristiche e livelli che compongono il concetto di cultura (Modello Lewis)

Lewis dichiara che la cultura è principalmente legata al concetto di nazione in quanto è questa stessa che definisce ed influenza la nostra percezione collettiva ed individuale di cultura. Analizzando quindi la figura qui di seguito possiamo comparare l’evoluzione della percezione stessa del concetto cultura sia da parte della Germania che da parte del Giappone. Nel primo caso – considerando la percezione di cultura da parte della Germania – ogni nuovo individuo entrando entrando nella società subisce un “processo di acculturazione” che successivamente è trasferito a sua volta ad altri giovani individui. Nel secondo caso – considerando la percezione di cultura da parte del Giappone – la cultura è considerata come un concetto collettivo che unisce la popolazione e che insieme viene trasmesso anno dopo anno, secoli dopo secoli. In Giappone il concetto di cultura include al suo interno vari altri concetti come l’arte, la lingua, la scienza, la legge, la filosofia, ecc. Comparando le due prospettive possiamo quindi evidenziare che la cultura tedesca è fondata su un presupposto individuale, mentre quella giapponese è fondata su un presupposto comunità ed armonia.

Evoluzione della cultura – Prospettiva riferita alla cultura tedesca (Modello Lewis)

Evoluzione della cultura – Prospettiva riferita alla cultura giapponese (Modello Lewis)

Secondo il Modello di Lewi, ci sono quattro aree all’interno delle quali è più facile incappare in un fraintendimento culturale: 1) VALORI – Credo, Attitudini; 2)

there are four specific main spheres where people can easily have a cross-culture misunderstanding: 1) VALUES - Core beliefs; Attitudes and world view; 2) SCHEMI COMUNICATIVI – Stili di interventi comunicativi; Abitudini di ascolto; 3) Concetto di TEMPO; 4) Concetto di SPAZIO. Guardando alle figure qui di seguito si puó notare effettivamente come le persone percepiscono e vivono il concetto di spazio.

Significato di “spazio” – Persone che aspettano un autobus in Finlandia

Significato di “spazio” – Persone che aspettano di entrare in un Tempio in India

Significato di “spazio” – Persone che aspettano di entrare in una banca in Bulgaria

 

Il Modello Lewis di Cross-Cultural Communication (Comunicazione Interculturale)

Il modello di Richard D. Lewis ha distinto le varie culture in tre principali gruppi: Linear-Active (Attivi-Lineari); Multi-Active (Attivi-Eclettici); Reactive (Reattivi). Come specificato precedentemente, focalizzandosi sul livello di nazione, Lewis definisce la cultura anglosassone come Linear-Active (inglesi, americani, tedeschi, ecc.), quindi persone che sono tendenzialmente franche, dirette, orientare al lavoro e capaci di seguire le loro attività in un modo ben organizzato e lineare. Le persone all’interno del gruppo Multi-Active appartengono invece a culture latine (spagnoli, italiani, brasiliani, ecc.), le quali sono tendenzialmente molto comunicative, creative, orientate alle relazioni e capaci di seguire varie attività allo stesso tempo. La terza categoria, quella dei Reactive, include principalmente le culture asiatiche (giapponesi, cinesi, coreani, ecc.), che si caratterizzano in primis per la loro gentilezza, pazienza, ed un approccio indiretto e sempre prudente.

Le tre categorie rappresentate da Lewis raggruppano e semplificano la realtà, ma ogni singolo individuo – nonostante la sua nazionalità – rispetto alla sua storia, formazione, esperienza, puó appartenere più o meno a queste categorie. Qui di seguito viene esposta la figura del triangolo del modello di Lewis e la corrispondente lista delle caratteristiche principali che definiscono la classificazione delle tre categorie descritte da Lewis.

Modello Lewis – Linear-Active (Attivi-Lineari); Multi-Active (Attivi-Eclettici); Reactive (Reattivi).

Caratteristiche principali delle tre categorie del Modello Lewis

 

 

 

Conosci le ultime tendende dell’economia dell’India?

L’economia indiana sta attraversando una fase di crescita, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, ad oggi è l’economia in più rapida crescita del mondo e la settima economia mondiale. Tra i settori più sviluppati troviamo sì quello minerario (In India l’80% dell’estrazione riguarda la produzione di carbone), ma anche il settore del food processing sta riscuotendo successo, grazie anche alla presenza del Governo indiano.

Import

Nel 2018 l’import indiano ha raggiunto i 421 miliardi di euro, concretizzando così un importante crescita come dimostra il grafico in basso. Le materie prime naturali, tra cui materie prime energetiche, minerali metalliferi, legname grezzo ecc. primeggiano con il 37% dell’importazione totale. Seguite poi, con il 21%, dalle materie prime industriali (acciaio, rame, alluminio ecc.).

 

Export

Per quanto riguarda l’export, nel 2018, si sono toccati i 280.5 miliardi di euro, con una crescita che dovrebbe superare i 350 miliardi entro il 2021. I beni esportati in totale dell’India rappresentano il 3% della produzione nazionale e in confronto al 2014, con il 4.4% viene denotata una leggera diminuzione. I settori principali, come riportato nel grafico, sono quelli dei carburanti (14.9%), metalli preziosi (12.4%), macchinari (6.3%) ecc.

IL SETTORE DEL FOOD PROCESSING

La crescita e la liberalizzazione del settore del food processing ha reso il mercato indiano ancora più attraente per gli imprenditori stranieri. L’India è il secondo produttore di cibo al mondo dopo la Cina, tuttavia gli sprechi lungo la catena che porta al consumatore sono intorno al 40% (circa 10 milioni di dollari). Le cause sono dovute principalmente all’inadeguatezza delle infrastrutture, le quali bruciano ogni anno milioni di euro di prodotti.

Negli ultimi 15 anni, il settore ha ottenuto investimenti per circa 6.2 miliardi di euro e si stima possano arrivare a 30 miliardi nei prossimi dieci anni, mentre negli ultimi 5, il settore è cresciuto del 9% . Il settore agricolo è uno dei più grandi al mondo, basti pensare che la relativa produzione costituisce l’8% di quella mondiale. Nel settore del food processing gli investimenti sono ammessi al 100% con approvazione automatica. Tali fattori concorrono a creare una grande domanda di macchinari destinati al food processing. In questo contesto, le imprese italiane ed europee hanno senz’altro la possibilità di soddisfare tale domanda e acquisire un ruolo decisivo. Negli ultimi anni si è registrato un incremento del 17% per quanto riguarda le esportazioni in India di macchinari italiani destinati alla produzione di cibo, piazzando il bel Paese al secondo posto, dietro solamente la Cina. Inoltre, la Banca centrale classifica il settore come “priority sector lending”, incentivando l’erogazione di crediti ad imprese (anche estere) operanti nel settore.

 

Conosci qual è l’atteggiamento delle aziende bulgare verso i partner stranieri?

Un interessante sondaggio condotto nel Febbraio 2019 dalla Camera di Commercio ed Industria Bulgara (BCCI) ha studiato l’atteggiamento delle aziende bulgare nella cooperazione con partner stranieri. Il sondaggio ha mostrato come più del 76% delle attività commerciali bulgare ha interesse nello sviluppare una partnership con aziende straniere. In particolare, la ricerca ha sottolineato che il 36% delle compagnie sta cercando un partner per le importazioni; Il 28% necessita di un partner per investire in Bulgaria e il 12% sta cercando partners per investire in un nuovo paese straniero.

La Cina è la destinazione favorita, selezionata dal 54% degli intervistati. La Germania rimane la seconda più desiderata tra tutti i paesi e la prima tra quelli dell’ UE. Le altre destinazioni scelte sono l’Italia, Serbia, Macedonia del Nord e Russia. Rispetto al questionario condotto nel 2018, si nota un maggiore interessamento verso la Macedonia del Nord, grazie anche al recente accordo: Il trattato di vicinato tra Bulgaria e Macedonia del Nord.

Tra tutti gli intervistati, circa il 40% ha dichiarato di essere interessato a compiere viaggi d’affari all’estero e di voler incontrare aziende dei seguenti settori: industriale, costruzione di macchine, cibo e bevande, tessile ed elettronica.

La risposta di Matchub.net alle esigenze del mercato

Seguendo i recenti risultati del sondaggio condotto dalla BCCI, Matchub.net sta supportando le PMI (piccole medie imprese) europee facendo crescere il loro network e sviluppando nuovi potenziali partners in modo semplice, aperto ed economicamente vantaggioso. Così, registrandosi nel portale di Matchub.net e postando nuove proposte commerciali, un’azienda può sviluppare nuove opportunità attraverso le quali potrà iniziare a lavorare su nuovi orizzonti commerciali. Secondo quanto abbiamo letto prima, Matchub.net sta coprendo molti dei maggiori paesi a cui sono interessate le aziende bulgare: Italia, Macedonia del Nord e Romania.

Il progetto Matchub.net vuole supportare lo sviluppo del business delle PMI usando un doppio approccio, includendo una strategia online e offline. Entrambi gli approcci mirano a diffondere le proposte commerciali di un’azienda iscritta al portale e disposta a trovare un nuovo partner all’estero. La strategia online è concentrata su diverse azioni (social media, blog, pubblicità, email, ecc.), mentre la strategia offline è focalizzata al collegamento in rete di contatti personali che l’International Matching Unit di Matchub sta seguendo e sviluppando per ogni nuovo utente del portale.

In aggiunta a questo doppio approccio, il cui scopo è quello di incrementare il business estero di ogni utente, Matchub.net offre diversi servizi mirati a facilitare l’accesso delle PMI in nuovi mercati: Analisi del mercato nazionale, analisi di settore per paesi specifici, segnalazioni di appalti pubblici, azioni commerciali mirate, incontri B2B, ecc.

Se vuoi ampliare il tuo network e trovare nuove opportunità di business contattaci per qualsiasi ulteriore informazione

Iscriviti gratuitamente al portale Matchub.net e posta la tua proposta commerciale

Conosci l’andamento dell’import e dell’export della Bulgaria? Scoprilo subito

Nel primo trimestre di quest’anno (Gennaio-Marzo 2019), le esportazioni verso i paesi dell’EU dalla Bulgaria sono aumentate del 7% rispetto allo stesso periodo nel 2018. La quantità di beni esportati è aumentata ad un totale di 4.9 miliardi di euro. I principali partner della Bulgaria sono stati la Germania, Romania, Italia, Grecia, Francia e Belgio, ai quali appartengono il 67.3% delle esportazioni nei paesi dell’EU. La crescita più grande l’hanno avuta il settore dei carburanti e oli minerali e tutti i prodotti collegati alla loro distillazione – 75.4% – mentre quello degli oli, grasso e cere di origine animale o vegetale sta diminuendo del 8.4%. In questo primo trimestre, le importazioni dall’UE sono inoltre aumentata del 0.3% in base annua e hanno raggiunto i 5.01 miliardi di euro. Durante questo periodo, la Bulgaria ha importato principalmente dalla Germania, Italia, Romania, Grecia e Ungheria. La più grande crescita nelle vendite è stata registrata nel settore delle bevande (alcoliche e non) e del tabacco (+50%); il più grande calo si è avuto nel settore primario (escludendo il carburante) il quale è diminuito del 29.4%.

Nel periodo Gennaio-Aprile 2019, le esportazioni extraeuropee sono cresciute del 14.7% rispetto allo stesso periodo del 2018, raggiungendo i 3.02 miliardi di euro. Tra i paesi non UE, la Bulgaria, ha esportato principalmente verso Turchia, Cina, Serbia, Stati Uniti, Russia e Macedonia del nord, i quali detengono il 51.9% del totale delle esportazioni. Nei paesi extraeuropei la crescita più grande l’hanno avuta il settore dei carburanti e oli minerali e tutti i prodotti collegati alla loro distillazione (54.8%) e a quella di oli, grassi e cere di origine animale o vegetale (40.2%). Nel periodo tra Gennaio e Aprile 2019, le importazioni da paesi non europei sono cresciute del 9.1% e hanno raggiunto i 161.7 miliardi di euro. Le principali importazioni bulgare sono provenute da Russia, Turchia, Cina ed Egitto. La cresciuta maggiore è stata raggiunta nuovamente dal settore delle bevande alcoliche, analcoliche e tabacco (32,3%), cibo e animali (23.1%) e carburante e oli minerali, compresi i prodotti riguardanti la loro distillazione (21.2%). La perdita maggiore è presente nel settore degli oli, grassi e cere di origine animale e vegetale (-9.6%). Nel periodo tra gennaio e aprile l’esportazione bulgara ammonta a 9.54 miliardi di euro ed è cresciuta del 9.5% in comparazione con lo stesso periodo dell’anno scorso. Nello stesso periodo il totale delle importazioni della Bulgaria hanno raggiunto i 10.54 miliardi di euro e una crescita annua del 4.6%. Il saldo complessivo del commercio estero del Paese è dunque negativo, meno 994 milioni di euro, mentre FOB / FOB il saldo è meno 277 milioni di euro.

Conosci quali sono gli alimenti e l’export del Trentino?

Il Trentino Alto Adige, locato nel nord Italia, è una meta molto ambita per i turisti, i quali non sono solo attratti dai panorami, montagne e i laghi, ma anche dai piatti tipici. Le abitudini culinarie presenti in queste zone rappresentano un eccellente mix tra le tradizioni austriache e italiane con la prevalenza quindi di salumi, formaggio, mele e vino.

Gli inizi del 2019 hanno sancito un record per quanto riguarda l’export di alimenti provenienti dal Trentino. Le esportazioni sono state costituite principalmente da prodotti dell’attività manifatturiera e in particolare il settore dei prodotti alimentari ha raggiunto circa il 16% del totale dei prodotti esportati.

Le imprese esportatrici sono in totale 1200, con le prime 100 che realizzano l’80% dell’export complessivo. Questi risultati, sono dovuti anche alla presenza di grandi nomi del settore alimentare trentino, i quali hanno creato col passare degli anni, un’ ottima immagine all’estero di se e del territorio.

 

VINI E SPUMANTI

 

Tra i prodotti emblematici possiamo sicuramente citare due tra i vini più rinomati, il “Teroldego Trentino Doc” e il “Marzemino Trentino Doc” i quali sono molto richiesti anche in tutta Italia, insieme agli spumanti, presenti in grandi quantità e varietà. L’esportazione di vino negli anni è gradualmente incrementata grazie anche a manifestazioni e fiere che attraggono migliaia di potenziali clienti. Tra queste c’è sicuramente il Vinitaly, fiera che si tiene a Venezia a cadenza annuale che conta circa 4000 espositori e 150.000 visitatori a edizione. A prenderne parte ci sono due tra le più grandi aziende trentine nella produzione di vino e spumante: Cavit e Ferrari. Entrambe, come molte altre, hanno puntato forte ormai da qualche anno sull’export, realizzando anno dopo anno una crescita costante.

 

LE MELE

 

Ma il punto forte del Trentino è sicuramente la mela. Più precisamente nella Val di Non, “la patria delle mele”, si arriva a produrne quasi 300.000 tonnellate all’anno, pari al 16% della produzione nazionale e al 5% di quella europea. Una così massiccia coltivazione è garantita dalle favorevoli condizioni ambientali e dalle tecniche di produzione di aziende come Melinda e La Trentina, che si impregnano in coltivazioni biologiche, che permettono di conservare le qualità naturali del frutto e nella coltivazione biodinamica, che garantisce la salvaguardia dell’ambiente e un ottimizzazione del prodotto.

 

I SALUMI

 

Altro prodotto tipico sono i salumi, i quali, molto legati alla storia e al territorio trentino, garantiscono genuinità e qualità. Il Trentino Alto Adige vanta una lunga tradizione nel settore delle carni lavorate, come nel caso dello Speck Igp. La produzione locale si contraddistingue, oltre che per un uso di carni tipicamente montane (capriolo, camoscio, cervo, alce, ecc.), anche per le tecniche d’affinamento e stagionatura, che hanno il loro punto di forza nell’affumicatura. Tra i salumi riconoscibili in tutta Italia ed Europa, abbiamo la Carne Salada, la Ciuìga, la Luganega, la Mortadella affumicata della Val di Non e per finire il famosissimo Speck del Trentino, mentre tra le aziende più riconosciute non può mancare Segata S.p.a.

 

IL LATTE E FORMAGGIO

 

In Trentino Alto-Adige nel periodo che va tra Giugno e Settembre, si pratica l’alpeggio degli animali da latte. I bovini, gli ovini e i caprini vengono trasferiti nelle malghe in alta quota, (Val Rendena e Val di Fiemme alcuni esempi), dove vengono nutriti con la vegetazione caratteristica della montagna. Questo tipo di allevamento si ripercuote in modo molto positivo sulla produzione di latte i suoi derivati e sull’ambiente. Leader nel settore sono Mila e LatteTrento, prduttori di latte, yogurt, formaggio, burro, ecc…

 

Agricoltura in Romania. Analisi e approfondimenti

Potenzialità del settore agricolo in Romania

Il settore agricolo in Romania ha un potenziale molto elevato. La produzione nazionale ha incrementato il proprio valore totale del 12,5% nel 2017 rispetto all'anno precedente. In base alle analisi dell’Istituto nazionale di statistica si è raggiunto il valore di circa a 78,5 miliardi di RON, ovvero 17,2 miliardi di euro. Il paese ha il sesto livello di superficie dedicato all'agricoltura nell'UE - 13,9 milioni di ettari - dopo Francia, Spagna, Regno Unito, Germania e Polonia (fonte: PwC Romania). Il settore agricolo in Romania occupa circa il 30% della forza lavoro del paese e contribuisce al 7,9% del PIL del paese, un livello molto alto considerando che la media europea è solo del'1,9%. La maggior parte dei terreni sono dedicati alla coltivazione di cereali (23,6%), i quali rappresentano i 2/3 del totale dei terreni agricoli. La produzione di grano rappresentava oltre un terzo (34,8%) dell'intera produzione agricola. Un'altra coltura molto presente è la produzione dei semi di girasole. La Romania, infatti, è posizionata tra i primi produttori dell'UE. Le verdure, con una particolare produzione di cavoli, cipolle, patate, peperoni verdi e pomodori sono coltivate anche nelle città di Timişoara, Arad, Craiova, Galaţi, Brăila e Bucarest. Il settore agricolo in Romania offre anche un'industria vinicola rilevante. Grazie alla sua grande esportazione, la Romania, infatti, può essere considerata un importanti paese produttore di vino in Europa. I vigneti più famosi si trovano nella zona di Odobesti, Panciu e Nicoresti.

 

Sfide del settore agricolo in Romania

Il settore agricolo in Romania ha superato diversi cambiamenti negli anni, l'ultimo cambiamento rilevante è avvenuto nel 2014 quando è stata emanata una legge che ha completamente liberalizzato l'acquisizione di terreni agricoli da parte di investitori stranieri (legge 17/2014). Questa nuova legge ha dato una forte accelerazione al processo di innovazione e meccanizzazione del settore agricolo in Romania, anche se la produttività generale rimane tuttora ancora troppo bassa. Un effetto collaterale di questa nuova legge è stato il cosiddetto "land grabbing" che ha creato un'alta concentrazione di potere e un monopolio nel settore. Secondo una ricerca sviluppata dall'Istituto TNI (www.tni.org/en) lo 0,4% delle aziende agricole romene possiede oltre il 48% delle terre. Oltre a questo, ci sono altri importanti problemi da risolvere: in Romania c'è un'evasione fiscale diffusa, manca una buona formazione tra gli agricoltori e il livello di capitalizzazione del settore è ancora basso.

 

Principali fiere del settore agricolo in Romania

INDAGRA a Bucarest - 30 ottobre - 3 novembre 2019 - (https://www.indagra.ro/en/)

AGROMALIM in Iasi - da definire - (http://www.agri-events.ro/ - http://www.ccia-arad.ro/agromalim/)

Franchising e licensing: caratteristiche, affinità e differenze di due modalità di internazionalizzazione

Esistono quattro modalità principali per affrontare il processo di internazionalizzazione e lavorare su commercio internazionale e attività di sviluppo: Import, Export, Licensing and Franchising.

Se focalizziamo la nostra attenzione sulle modalità meno comuni di internazionalizzazione, franchising e licensing, possiamo notare molte caratteristiche comuni che possono essere analizzate per una migliore comprensione del processo di internazionalizzazione.

Normalmente ci riferiamo al franchising considerando tutti quei marchi che espandono la loro presenza in un territorio attraverso una rete di negozi. Se hai più di un negozio... sei un franchising. Questa affermazione è sbagliata perché non è sempre questo corrisponde ad un franchising. In effetti, alcuni marchi preferiscono mantenere la proprietà di ogni singolo punto vendita, indipendentemente dalla loro ubicazione, centralizzando così i processi di internazionalizzazione e chiudendo le porte a potenziali affiliati. Questo è il caso, ad esempio, di marchi come Kiko o GameSpot. Anche Starbucks è cresciuto a livello internazionale aprendo le proprie filiali. Al contrario, McDonald's è considerato uno dei migliori esempi di business che è cresciuto attraverso un modello di franchising.

D’altra parte, quando un'azienda decide di espandere la propria attività e aprire le porte ad altri imprenditori che decentralizzano la gestione e il capitale in vari punti, ci sono due metodi che possono essere utilizzati: il franchising o il licensing.

Si ha un accordo di franchising quando un'azienda madre cerca di trasferire ai suoi affiliati un know-how specifico. Questo know-how è anche legato al concetto di licenza, infatti può includere informazioni riservate, marchi, loghi, materiali protetti da copyright e potenzialmente anche brevetti. L'essenza del franchising è quindi il passaggio di un vero "know-how" che deve essere raccolto in un manuale operativo speciale che diventa di vitale importanza oltre che giuridicamente indispensabile. In questo caso la libertà dell'affiliato è davvero minima a vantaggio della standardizzazione dei processi e della qualità del prodotto.

L'essenza del licensing è che il proprietario mantiene la proprietà della sua proprietà intellettuale mentre offre agli altri il diritto di usarla. Ad esempio, un'azienda consente a terzi di utilizzare una tecnologia per sviluppare le proprie attività. Questa licenza viene generalmente fornita in cambio di royalties. Esiste anche un cosiddetto brand-licensing che rappresenta un accordo nel quale una società madre fornisce ai suoi licenziatari il suo marchio, le sue direttive, i vincoli e le indicazioni relative all'uso del marchio. L'enfasi brand-licensing si sposta sulla comunicazione e sul marchio stesso, lasciando ai licenziatari maggiori possibilità di movimento nella gestione dell'attività. I marchi di lusso sono molto ricercati per le licenze, poiché il loro marchio conferisce un tocco di prestigio al prodotto a cui prestano il loro nome.

Ma i marchi di lusso sono molto attenti a non allontanarsi troppo dal loro mercato di riferimento o offrire licenze troppo generose. Ciò porterebbe al rischio di svalutare il proprio marchio e a perdere gran parte del proprio fatturato.

4 modi per sviluppare commercio e attività in ambito internazionale.

Il commercio internazionale e le attività di sviluppo hanno diversi approcci su come condurre il processo.

Tra questi approcci possiamo sottolineare i quattro più significativi:

1. CANALI INDIRETTI

Sono rappresentati da società che hanno basato il loro commercio internazionale e attività di sviluppo con operatori che acquistano il prodotto e lo rivendono nel proprio mercato, sia ai clienti finali che ad altre società locali. Questi operatori sono ad esempio gli importatori, che si occupano anche della gestione delle frontiere e delle dogane, o i distributori, che invece richiedono spesso la gestione e le pratiche doganali di un'impresa importatrice.

I canali indiretti implicano meno investimenti e meno rischi commerciali a breve termine e rappresentano anche la soluzione ideale per una prima fase di esportazione. Tuttavia, questi canali presentano anche svantaggi significativi, in gran parte dovuti alla presenza limitata delle società nel mercato estero, che rende le loro esportazioni dipendenti dal rapporto commerciale con l'importatore / distributore straniero.

2. CANALI INTERMEDIARI

Il commercio internazionale e le attività di sviluppo possono essere focalizzati sulla partnership internazionale. Pertanto, in questo caso le società vendono i propri prodotti e servizi all'estero grazie alle attività commerciali di partner locali, società di intermediazione o agenti. Il commercio è solitamente diretto al cliente finale, mentre l'agente locale guadagna una commissione per il supporto che fornisce alla società straniera per entrare nel nuovo mercato e per sviluppare la rete locale. La partnership internazionale può avere varie forme, in particolare ci può essere l'esclusività o meno. Quando un agente locale ha l’esclusiva significa che è l'unica azienda che ha il diritto di vendere quei prodotti per un certo periodo di tempo. Di contro, la società di produzione straniera chiede di solito all'agente locale di raggiungere un numero minimo di vendite nel suo territorio di competenza.

3. CANALI DIRETTI

Questo canale è rappresentato dalle aziende che stabiliscono la propria attività in un paese straniero. Pertanto, le loro attività commerciali e di sviluppo internazionali sono dirette e indipendenti. Alcune di queste aziende sono ad esempio catene di vendita al dettaglio o e-commerce che consentono all'azienda di gestire direttamente i rapporti commerciali.

I canali diretti, e quindi con essi la decisione di gestire direttamente i propri clienti e di rivolgersi ai consumatori finali, hanno il vantaggio strategico di consolidare la propria posizione commerciale ricevendo feedback diretti in grado di migliorare costantemente la propria azione sul nuovo mercato e ottenere margini più elevati. Tuttavia, anche questo percorso non è privo di punti deboli:

  • maggiori investimenti,
  • maggiore rigidità della struttura, disinvestire da un mercato è più complesso e generalmente molto più costoso,
  • gestione post-vendita da parte della stessa azienda.

4. COUNTER TRADE

È una forma di baratto, usata nelle moderne attività commerciali e di sviluppo internazionali, in cui l'acquirente paga i beni vendendone altri beni.

Rappresenta una serie di specifiche formule contrattuali utilizzate nel commercio internazionale che unite alla presenza di accordi vincolanti tra Stati sovrani, quadro giuridico più o meno esplicito, collegano le transazioni di esportazione ad altre transazioni di importazione.

Il countertrade consiste in un unico contratto attraverso il quale le forniture di beni, prodotti o materie prime sono compensate dall'acquisizione di altri beni. Questo approccio specifico al commercio internazionale è diffuso soprattutto in paesi poveri di risorse valutarie e ricchi di materie prime. In passato è stato utilizzato in particolare nell'interscambio con i paesi dell'Est e del Terzo Mondo, al fine di migliorare i disavanzi commerciali nominali e alleviare i problemi di trasferimento e convertibilità connessi ai diversi sistemi monetari e creditizi.

Record dell’export del vino italiano nel mondo: 6,2 miliardi di euro e +3,3%

Secondo i dati ISTAT il 2018 è stato un altro anno d’oro per l’export di vino italiano. Il totale delle esportazioni nel mondo ha superato quota 6,2 miliardi di euro con una crescita di circa 200 milioni di euro, corrispondente ad un +3,3%, rispetto al valore conseguito nell’anno precedente.

L’export del vino negli ultimi è stato sempre in crescita; infatti, come si evince dal grafico sotto riportato, il 2018 conferma il trend degli ultimi anni che ha visto il valore delle esportazioni aumentare sempre.
Se si analizza l’andamento delle esportazioni negli ultimi 5 anni si nota come dal 2014 al 2018 si è passati da 5,1 miliardi di euro a 6,2 miliardi di euro. Un aumento di oltre 1 miliardo di euro che è pari ad un +21.3%. Questo incremento cosi robusto e sostanziale è frutto di una crescita costante e inesorabile.

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Dall’analisi approfondita dei dati si notano dei trend sui quali porre particolare attenzione.
Non solo il totale delle esportazioni a livello mondiale presenta degli andamenti molto positivi e interessanti ma, sia se si scende nel dettaglio degli ATECO e sia nel dettaglio dei continenti di esportazioni, escono fuori dati molto importanti.
Gli ATECO che interessano il settore del vino sono:
• CA11021 [Vini da tavola e vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.)]
• CA11022 [Vino spumante e altri vini speciali].

Un dato interessante che emerge analizzando i dati per ATECO è che l’incremento delle esportazioni arriva quasi totalmente dalle esportazioni di spumante. Nel 2018 il valore di questo specifico ATECO è stato di quasi 2,2 miliardi a fronte dei 2 miliardi del 2017. Una performance che migliore rispetto all’anno precedente di un notevole +8%.
Il settore dei vini da tavola, anche se ha ugualmente superato la performance del 2017, ha fatto registrare un aumento di soli 38 milioni di euro, pari ad un +0.9%.
Nonostante la crescita contenuta di quest’ultimo settore il dato significativo resta comunque il fatto che entrambi i settori continuano a crescere negli anni.

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Se si analizzano i dati su un lasso di tempo di cinque anni, come quella fatta sul totale delle esportazioni, si evidenzia che dal 2014 al 2018 l’aumento dell’export per il settore degli spumanti è stato del 46%, mentre quello dei vini di tavola è stato del 11%. Nei grafici in basso si nota come la curva di crescita degli spumanti sia molto più ripida rispetto a quella dei vini da tavola, ed è significativo notare come nel arco di 5 anni si passi da 1,5 mld a 2 mld. Un salto di 500 milioni di euro.

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Una volta analizzati gli andamenti per singoli ATECO un’ulteriore analisi condotta è quella relativa al totale delle esportazioni di vino verso i diversi continenti. Naturalmente la fanno da padrone mercati con una forte tradizione sul vino come Europa e America.

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Dal grafico si evince chiaramente che la maggior parte delle esportazioni nazionali, il 61% per l’esattezza, rimangono all’interno del continente europeo. Seguono le esportazioni verso l’America con un terzo circa del totale e chiude questo ipotetico podio l’Asia con il 7%. Si noti che l’insieme di Oceania e Africa vale solamente l’1% del totale. Su questo dato però verrà posta maggior attenzione nel prosieguo dell’analisi.
Guardando lo stesso grafico ma con i valori in euro si vede come Europa e America sviluppano un export di circa 5,6 mld di euro. Mentre sempre Oceania e Africa messe insieme non arrivano nemmeno a 100 mln.

Fonte: Elaborazione MatcHub su dati ISTAT

Un trend quasi sorprendente è quello che si ha andando ad analizzare la variazione percentuale negli ultimi 3 anni per i diversi continenti.
L’Europa e l’America hanno registrato praticamente la stessa crescita conseguendo un incremento del 9,5%. L’Asia invece ha quasi raddoppiato questa performance superando il 17% di incremento. Ciò che salta agli occhi è l’aumento registrato da Africa e Oceania che fanno rispettivamente +26,6% e +35%. Praticamente triplicano l’aumento fatto da Europa e America, e doppiano il dato dell’Asia. Questo trend fa ben sperare nelle potenzialità che questi due mercati offrono a chi volesse aggredirli e provare ad esportare il vino nostrano in queste aree del mondo.

1 2 3